Nei mesi e anni successivi alla pandemia di Covid abbiamo assistito a molteplici lockdown che hanno riguardato i Paesi occidentali, ma soprattutto la Cina. Molte testate giornalistiche, anche importanti e specializzate in ambito economico, hanno scritto decretando il “fallimento” del Just In Time (JIT). Secondo questi giornalisti il mantra "scorta zero" ha causato lo shortage di molti componenti e il blocco delle supply chain con le relative fermate dei siti produttivi e l'impossibilità di soddisfare la domanda.
Prima di scrivere articoli di questo tenore si dovrebbe anzitutto comprendere appieno il JIT.
Il JIT non prevede "scorte zero" ( secondo lo slogan che erroneamente viene ripetuto), ma scorte controllate, ottimizzate e via via ridotte attraverso attività di miglioramento. In aggiunta, uno degli strumenti suggeriti dal JIT consiste nell'accorciamento della supply chain, dotandosi di una fornitura locale soprattutto per i componenti critici. La dimensione delle scorte è direttamente proporzionale al lead time di fornitura, quindi per ridurre le scorte come previsto dal JIT è opportuno avere i fornitori “dietro casa” (come tra l’altro ha fatto progressivamente Toyota negli anni).
Un'applicazione completa del JIT con l’accorciamento delle catene di fornitura avrebbe addirittura ridotto l’impatto dei lockdown (in misura relativa). Ogni Stabilimento avrebbe avuto i fornitori “chiave” in prossimità, sterilizzando quantomeno le ricadute negative dei blocchi navali.
Ma non è tutto… hai letto uno dei precedenti articolisul Bullwhip Effect (effetto Forrester sulle supply chain) e la sua correlazione con la lunghezza delle catene di fornitura e quindi con il JIT?
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